La delicata questione della Brexit ha scosso ancora i mercati e la politica durante l’ultima settimana. Il percorso dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea entro il prossimo 29 marzo 2019 appare ancora oggi poco chiaro e carico di incertezze sia politiche, che economiche. Dopo che il governo guidato da Theresa May ha approvato la cosiddetta “White Paper” per una “soft Brexit”, che dovrebbe in qualche modo garantire un accordo commerciale UK-UE per lo scambio delle merci tra le due sponde della Manica, importanti ministri hanno lasciato l’esecutivo danneggiandone la tenuta. Le divisioni si sono esacerbate anche in Parlamento e lo scenario è diventato sempre più opaco.
Simon Elvidge, Board Director e COO (direttore operativo) della società di investimenti britannica EOS Investment Management (che gestisce fondi di investimento basati in Lussemburgo e quindi non direttamente impattati dalla Brexit), sottolinea le divisioni sul tema e il pericolo che gli interessi prettamente politici prevalgano sulle necessarie considerazioni economiche. La “White Paper” potrebbe funzionare solo in parte, ma se anche la mediazione tentata dalla May andasse in porto, resta imprevedibile l’esito del successivo negoziato con l’Unione Europea. Anche il modello della “White Paper” creerebbe però complicazioni e la richiesta di nuovi requisiti.
Il pericolo di un’uscita dall’UE senza accordo è concreto, tanto che il regolatore europeo ESMA ha chiesto con forza alle grandi società finanziarie di preparare un piano per tale eventualità.
“Sono arrivati anche segnali di dialogo tra la Financial Conduct Authority britannica e la Banca centrale d’Irlanda per consentire un domani ai manager londinesi di gestire fondi irlandesi e venderli nel mercato inglese – aggiunge Elvidge – ma altri settori finanziari potrebbero non essere altrettanto fortunati. A mio modesto parere imprese del manifatturiero, dei servizi e della finanza dovrebbero esercitare pressioni sui politici e sui negoziatori in vista di un compromesso accettabile”.
Il cambio della sterlina con le maggiori valute ha però subito un impatto notevole dal referendum sul Brexit, il rapporto GBP/USD ha perso più del 10% influenzando anche le decisioni dell’industria.
“Per i produttori che non si limitano ad assemblare nel Regno Unito è stato un grande vantaggio. Sui cambi però non possiamo sapere cosa accadrà nel futuro, anche se probabilmente la volatilità durerà ancora per un po’. In generale le incertezze sul business e sui cambi spingono diversi operatori a rinunciare ai propri investimenti o a congelarli”.
L’economia ha reagito meglio delle attese, ma ci sono segnali di indebolimento già visibili nella produzione industriale e nel settore delle costruzioni. Come vede il quadro economico britannico?
“Difficile fare previsioni, ma molti osservatori indicano il pericolo che l’economia del Regno Unito si contragga. Inevitabilmente la riduzione degli scambi con l’Unione Europea, che della Gran Bretagna è oggi il maggiore mercato, avrà un impatto, mentre le opinioni sulle politiche commerciali globali restano discordi. Grossi rischi esterni derivano anche dalle guerre commerciali degli Stati Uniti. A questo si aggiunge il pericolo che nuove politiche sull’immigrazione penalizzino fortemente l’assorbimento di personale qualificato dal resto mondo. Molto dipenderà in ogni caso dalla forma finale che gli accordi assumeranno”.
Il grafico del cambio GBP/USD mostra che la violazione dei minimi di fine giugno a 1,3048, allineati a quelli di ottobre e novembre 2017, potrebbe rappresentare un nuovo segnale di debolezza da non sottovalutare: area 1,30 rappresenta infatti il punto di incontro di diversi elementi tecnici quali il target del doppio massimo disegnato tra gennaio e aprile da 1,437 e il 50% di tutto il rialzo partito dai bottom di ottobre 2016. Il rischio di assistere a un ulteriore indebolimento della Sterlina nei confronti del Dollaro appare dunque elevato e potrebbe condurre ai supporti successivi a 1,2870 almeno. Reazioni dai livelli attuali dovranno invece superare 1,3362 per allentare le tensioni ribassiste e per creare le premesse per assistere a una ripresa duratura.
Il grafico dell’indice Ftse100 evidenzia però una situazione ancora favorevole: l’indice è impegnato da due mesi a consolidare il rialzo partito ad aprile, culminato a maggio nel test di nuovi record assoluti a 7903 punti. La fase ascendente di lungo periodo può anche godere del sostegno della media mobile a 200 giorni, passante da 7500 circa. Fintanto che questo riferimento resterà intatto sarà lecito sperare nella riattivazione del movimento ascendente verso obiettivi ipotizzabili in area 8300. Sotto la media citata, la correzione potrebbe ampliarsi verso area 7100, strategica nel medio lungo termine.