10 GIUGNO 2017 – Il Sole 24 Ore
LONDRA. Per un giorno l’Italia non si è sentita il brutto anatroccolo. L’incontro con gli investitori internazionali organizzato da Aifi (Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt) a Londra il giorno successivo il risultato inatteso delle elezioni britanniche, ha reso per una volta superflue le domande di rito sulla stabilità del governi italiani: «La Gran Bretagna è benvenuta nel club» ha commentato con una nota di ironia Andrea Guerzoni managing parter di EY aprendo l’incontro. Gli ha fatto eco Innocenzo Cipoletta chairman di Aifi: «Guardate la Spagna dopo tre elezioni non è riuscita a formare un governo di maggioranza, non è un dramma». Parole come instabilità, coalizioni, governo di transizione, tutte comuni da noi, per la prima volta hanno attraversato la Manica con grande stupore di tutti.
In questo clima di incertezza per una volta non provocato dall’Italia, si è svolto il road show annuale di Aifi davanti a una platea di investitori internazionali (circa 25) più numerosa del solito: «L’Italia è tornata ad essere attrattiva e i risultati si vedono», ha commentato Anna Gervasoni, chief executive di Aifi: nel 2016 gli investimenti nel private equity, private debt, venture capital sono stati pari a 8,191 miliardi di euro(+77%) avvicinando l’Italia alla Francia dove si attestano a 11 miliardi di euro.
Dati che continuano a migliorare: secondo EY dal giugno dello scorso anno ad oggi le operazioni di private equity in Italia sono aumentate del 15% e in generale le transazioni tra il 15% e il 20%. A questi dati si aggiungono quelli degli investimenti diretti in Italia saliti del 62% in un anno, piazzando l’Italia al secondo posto dopo la Svezia mentre gli Stati Uniti, la Svizzera e la Gran Bretagna sono i tre principali investitori nel Bel Paese.
«Negli ultimi anni i fondi internazionali hanno cominciato ad inserire l’Italia nei loro portafogli strategici – spiega Enrico Silva, partner di EY – con un incremento del 32,1% del fund raising che ha avuto come conseguenza l’aumento delle operazioni di M&A con un picco nel 2015. Gli investitori sono alla ricerca di opportunità e le hanno trovate qui a prezzi convenienti». Tra i settori coinvolti, quello industriale, food e servizi finanziari mentre tra gli investitori spiccano i fondi di fondi, assicurazioni e i fondi pensione tra i più attivi.
La conferma dell’interesse per l’Italia arriva dagli stessi investitori: «Il clima è cambiato rispetto a qualche anno fa – ammette Ciro Mongillo Ceo del fondo inglese Eos – l’Italia non è più guardata con pregiudizio anche se miglioramenti sono auspicabili sul fronte fiscale e regolamentare». A favorire gli investimenti anche le migliorate prospettive dell’economia italiana: «L’Italia sta riprendendo a crescere ed ad essere un target per gli investitori internazionali che oggi rappresentano il 50% del fund rising nelle operazioni di private equity, venture capital e private debt – ha sottolineato Cipoletta -. Tuttavia si può fare di più facendo crescere la raccolta anche in Italia, ad esempio, veicolando il risparmio previdenziale».
Nello specifico Anna Gervasoni ha ricordato come le fonti del fund raising che tra private equity e venture capital ha toccato 1,3 miliardi di euro nel 2016, è alimentato da investitori interrelazioni quali fondi di fondi, asset manager, investitori individuali e family officer mentre sul fronte domestico da investitori individuali, fondi pensione e corporate investor. Resta il private debt lanciato da poco in Italia in grado di raccogliere oltre 632 milioni di euro e investimenti per 378 milioni di euro, un settore su cui puntano per Pmi per i loro finanziamenti.