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MondoInvestor

In Italia vi sono numerose opportunità per creare valore nel segmento del private equity e nel campo delle infrastrutture con focus su clean energy. Ciro Mongillo, CEO & Founding Partner di EOS IM, a MondoInvestor spiega l’approccio operativo di matrice industriale della società che integra a 360˚ la sostenibilità applicando i migliori standard ESG.

Quali sono le aree di investimento in cui siete specializzati?
EOS IM è una società di gestione specializzata in alternative asset con due strategie di investimento prevalenti: SME Private Equity e Infrastrutture con focus su clean energy. Nelle infrastrutture energetiche siamo attivi con due fondi di investimento: il primo (EOS Energy I) che ha investito in oltre 50 impianti operativi, sia tecnologia fotovoltaica che eolica, dislocati in 10 dieci regioni italiane, cui ha fatto seguito, nel 2020, il secondo fondo
(EOS ReNewable Infra Fund II). Quest’ultimo è interamente dedicato allo sviluppo di impianti greenfield, di dimensione industriale, localizzati prevalentemente in Italia e senza ricorso a sistemi di incentivo pubblico della tariffa energetica. Nel Private Equity, la nostra strategia di investimento è rivolta a PMI italiane, che operano in nicchie caratterizzate da un buon posizionamento competitivo, ma dove è evidente il potenziale di crescita tanto organica che tramite integrazione, sia verticale che orizzontale. Il primo fondo, che ha quasi ultimato il ciclo di investimento e fatto registrare le prime exit, ci ha chiaramente indicato dove e come
specializzarci in tale segmento che, in Italia, più che altrove in Europa offre ancora significative opportunità di creazione di valore.

Perché nelle infrastrutture avete deciso di continuare a focalizzarvi solo nel segmento energetico?
In estrema sintesi è il duplice risultato di considerazioni interne e di opportunità di mercato. Il fondo nasce dall’esperienza della nostra prima iniziativa che ha investito, con successo viste le recenti exit con player internazionali, 65 MW di asset fotovoltaici ed eolici in Italia. Inoltre il nostro team, che ha un Dna internazionale, ha una storia unica di iniziative di sviluppo di impianti greenfield, per oltre 1 GW, non solo in Europa, ed è tra i primi ad essersi specializzato nella cd. “grid parity” (l’energia prodotta da fonti rinnovabili viene venduta sul libero mercato senza tariffa governativa). Oltre alle competenze interne, la considerazione, per quanto ovvia, è che l’energia elettrica rimane e rimarrà indispensabile in ogni aspetto della vita quotidiana e per tutti i sistemi produttivi, ma questo è vero ancor di più nella concreta prospettiva che il mondo vada sostanzialmente verso la totale “elettrificazione”. Essere nel quadrante di chi opera nella nuova infrastrutturazione energetica “verde” è una grande opportunità economica e sociale, viste le sfide europee di riduzione dalla
dipendenza economica dai combustibili fossili (gas incluso), sfide ambientali ma anche economiche visto che l’Italia, ma non solo, sono importatori netti di gas e petrolio. Il secondo fondo non poteva,
quindi, che continuare ad investire in energia rinnovabile.

Qual è l’elemento distintivo del vostro secondo fondo?
Abbiamo deciso di posizionare il fondo, che ha un obiettivo di raccolta di 250 milioni di euro, esclusivamente nel segmento target dello sviluppo di infrastrutture energetiche, con una vocazione greenfield: specializzazione e verticalizzazione sono un elemento caratterizzante della value proposition. Questo richiede, Dossier Fondi Private Market Pubbliredazionale però, forti competenze e un approccio operativo di matrice industriale, in grado
di poter presidiare l’intera catena del valore. Del resto essere investitori in economia reale, richiede skill tecniche che si devono affiancare a quelle manageriali e finanziarie, con un approccio olistico. Questa attitudine imprenditoriale ci viene riconosciuta sempre più, non solo dagli
investitori, ma anche dall’ecosistema degli attori del sistema, dai costruttori di impianti alle banche finanziatrici, oltre che dagli sviluppatori di progetti. Proprio questo rapporto privilegiato con i player
chiave del mercato ci ha permesso di consolidare una posizione di leardership nell’accesso alle nuove opportunità e di avere visibilità su una pipeline in esclusiva di centinaia di megawatt di potenza.
Questo aspetto è decisivo perché permette di comprimere il naturale gap temporale tra le decisioni e allocazioni di investimento e la produzione di reddito per i nostri investitori, fenomeno tipico del lifecycle nei settori infrastrutturali. Non è un caso che contestualmente al primo closing del nuovo fondo, abbiamo investito nella costruzione dei tre impianti nel
Lazio, tra i più grandi in Italia in grid parity. In tal senso, lo possiamo considerare a tutti gli effetti un progetto “apripista” più che un “progetto pilota”, cui speriamo, a breve, di poter fare seguire nuovi impianti con pari caratteristiche.

Le tematiche ESG sono sempre più al centro dell’attenzione degli investitori, quale approccio state adottando?
La sostenibilità è intrinseca nella nostra scelta di puntare da sempre a un approccio industriale, con una visione della finanza che guarda all’economia reale, quella che può trainare occupazione e sviluppo per le comunità locali in questa importante transizione energetica di cui
tutto il mercato della green energy è senz’altro protagonista. Secondo l’ultimo rapporto ISPRA, le emissioni di CO2 di origine energetica rappresentano ancora oltre l’80% delle emissioni totali nazionali, basta questo per comprendere quanto la transizione energetica sia il fulcro degli obiettivi di neutralità ben prima del 2050. Ma al di là degli aspetti ambientali, ci poniamo dunque come promotori di una innovazione sostenibile, superando il tradizionale compromesso tra performance finanziaria e rispetto dei più elevati standard ambientali, sociali e di
governance. E non è un caso che in maniera quasi “maniacale” misuriamo gli impatti positivi di opportunità di lavoro nell’attività di costruzione e gestione degli impianti, con ricorso a risorse locali ogni volta che sia possibile. Tutto questo in un periodo di crisi sanitaria ma anche
occupazionale. Inoltre, non va dimenticato che l’importanza di operare come player che producono energia senza ricevere incentivi pubblici ha, non solo, un impatto ambientale e sociale diretto, ma anche indiretto, perché l’energia “green” viene prodotta e venduta senza un costo
diretto a carico dei bilanci pubblici. In una logica di circolo virtuoso, sono gli investitori che contribuiscono alla transizione energetica, dove il valore finanziario creato è a loro vantaggio ma quello non finanziario è a beneficio di tutta la collettività. Nonostante le complessità tecniche, siamo molto contenti dell’avvento delle nuove normative europee che nel lungo periodo premieranno gli operatori finanziari e gli investitori realmente focalizzati sulla sostenibilità.

Infine, che programmi avete nel private equity?
Come ho già detto, crediamo che il mercato del private equity in Italia, con particolare riferimento al segmento delle Pmi e delle cd. “lower/mid cap” rappresenti una grandissima opportunità per gli investitori: come in pochi altri Paesi europei è riscontrabile un bacino di target di investimento dinamico, promettente e particolarmente numeroso. Si tratta di aziende
che, diversamente da tante omologhe europee non hanno ancora beneficiato del supporto di un investitore di Private Equity con capitali e competenze manageriali. Le opportunità di creazione di valore, finanziario e non, sono quindi decisamente maggiori e più robuste rispetto ad altri mercati. Ciò detto, contiamo per il prossimo futuro di valorizzare
le nostre competenze di investimento al fianco di realtà imprenditoriali che agiscono in ambiti dove le opportunità di crescita sono trainate dai macrotemi a noi più vicini, come quelli della circolarità, dell’uso efficiente delle risorse, degli stili di vita orientati al benessere e sostenibilità.

(riproduzione riservata)

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