Parla Ciro Mongillo, fondatore e amministratore delegato di Eos Im: «Operiamo su una asset-class che garantisce storicamente rendimenti
significativi in maniera consistente nel lungo periodo. E cerchiamo di essere “risk-adverse”»
«Il mercato italiano del private equity sta maturando gradualmente ma conserva le caratteristiche che lo rendono particolarmente attrattivo: un tessuto industriale sottostante supportato da competenze spesso uniche ed una grande frammentazione”: parola di Ciro Mongillo, ceo e fondatore di Eos 1m, società specializzata nel settore basata a Londra. «La visione internazionale», prosegue il top manager; in questa intervista con Investire, «è fondamentale per leggere i trend in anticipo, ma la presenza locale è altrettanto importante in un mercato, come quello Italiano, costituito da tantissime piccole realtà. Per questa ragione Eos Im abbina
ai suoi uffici a Londra e Lussemburgo una importante presenza a Milano con team fortemente radicati sul territorio».
Leggendo i dati dei primi nove mesi del Pem Private Equity monitor, per fine anno, in Italia, si supereranno le 300 operazioni, un record assoluto?
A cosa è dovuto secondo lei, questa impennata del private capital?
Il Private Capital, e in particolare i cosiddetti “Alternative Investments”, sono una asset class che garantisce storicamente rendimenti significativi in maniera consistente nel lungo periodo.
Considerando il contesto di volatilità che caratterizza i mercati finanziari e molti settori industriali – soprattutto in termini di trend di prezzi – è risultato più evidente, soprattutto negli ultimi mesi, che gli investimenti alternativi garantiscono una grande resilienza.
Nella nostra strategia di investimento nel Private Equity cerchiamo di essere estremamente bilanciati, “risk adverse” e privilegiamo le progettualità basate su crescita, con basse leve finanziarie, e partnership con i soci fondatori.
Si può dire che in Italia il private capital finalmente ha rotto gli indugi
e si è affermato come vero partner dell’imprenditore?
Il settore Private Equity continua ad attirare capitali a livelli record e i dati sono molto incoraggianti, proprio perché molti settori della nostra economia hanno compreso che per attraversare le fasi di cambiamento – come quella in cui ci troviamo – è necessario essere affiancati dal punto di vista manageriale, finanziario e tecnico. Tuttavia noi di Eos Im crediamo che ci sia ancora spazio per una crescita significativa in Europa e in Italia; la presenza ancora ridotta del Pe nelle aziende italiane dovuta ad un mercato composto da aziende di scala relativamente contenuta, la crescita del know how nell’impiegare capitali e la fiducia degli investitori, sono tra i principali elementi a sostegno di questa tesi, ma l’elemento trainante, secondo noi, è rappresentato dalla necessità delle aziende di crescere dal punto di vista “green” e innovazione, in particolare digitale.
Cosa serve ancora, secondo lei, per far crescere il mercato del private
equity?
Il mercato sta senza dubbio andando nella giusta direzione. Per accelerare ulteriormente sarebbe auspicabile che le imprese italiane accettassero l’ipotesi di unire le forze ed in qualche maniera perdere il controllo “assoluto” ricevendo in cambio una maggiore solidità e competitività nel lungo periodo nei confronti dei concorrenti internazionali.
In altre parole, uno scenario di graduale consolidamento, laddove necessario. Occorre inoltre che gli imprenditori, soprattutto di piccole e medie aziende, superino, innanzitutto dal punto di vista culturale, l’assunto del trade-off tra la sostenibilità e gli investimenti in tecnologia, da una parte, e profittabilità finanziaria, dall’altra, in quanto più sostenibili e più digitalizzati vuol dire semplicemente essere più competitivi nel medio e lungo periodo.
Quando sono importanti i principi Esg per un operatore di private capital?
I principi Esg sono alla base della piramide, una infrastruttura necessaria per essere competitivi nei mercati attuali e futuri.
Studi ormai dettagliati, evidenziano in modo inequivocabile come le aziende più attente a questi fattori sono più solide e crescono di più e stiamo riscontrando che gli imprenditori più evoluti sono pronti. Eos Im non si limita a investire nelle aziende già “pronte”; abbiamo un approccio molto “hands on” ci piace l’idea di contribuire in modo fattivo, creando opportunità e attività che generino, per esempio, sostenibilità. in altre parole, intercettiamo quegli imprenditori che hanno capito che la strada verso il green, la digitalizzazione e quindi la sostenibilità è obbligata, e con loro investiamo sul cambiamento e sul futuro delle Pmi. Per quanto riguarda l’altra nostra strategia sulle infrastrutture energetiche, la s ostenibilità è poi intrinseca per definizione essendo il mercato della green energy protagonista di una importante transizione energetica. Secondo l’ultimo rapporto ISPRA, le emissioni di CO2 di origine energetica rappresentano ancora oltre l’80% delle emissioni totali nazionali, basta questo per comprendere quanto la transizione energetica sia il fulcro degli obiettivi di neutralità ben prima del 2050. Ma aldilà degli aspetti ambientali, ci poniamo anche qui come promotori di una innovazione sostenibile, superando il tradizionale compromesso tra performance finanziaria e rispetto dei più elevati standard ambientali, sociali e di governante.
I vostri investimenti si focalizzano soprattutto nel settore del fotovoltaico?
Eos ReNewable Infrastrutture Fund II, il nostro secondo fondo in infrastrutture energetiche, è dedicato allo sviluppo di progetti in energia rinnovabile in assenza di incentivi pubblici (grid parity),a vocazione greenfield, ed ha da poco annunciato ulteriori sottoscrizioni che portano la dotazione di capitale del Fondo ad oltre 120 milioni di euro. Contestualmente alla seconda chiusura parziale del Fondo, Eos Im ha perfezionato l’acquisizione di due nuovi progetti finalizzati alla produzione di energia solare per una capacità complessiva di 20MW, in grid parity.
«Per posizione geografica, irraggiamento solare e maturità del mercato, il Paese è in cima alla lista dei luoghi ideali per gli investitori dove investire nelle rinnovabili. I recenti interventi normativi agevolano»
Questi 20MW si aggiungono ai 90 MW di potenza degli impianti già in portafoglio la cui connessione è prevista ad inizio 2022. Con oltre 107MW di nuova capacità installata, il Fondo si posiziona come uno dei player infrastrutturali tra i più attivi in Italia nel segmento della transizione energetica. Oggi, per chi come noi ha deciso di puntare tutto sulle infrastrutture sostenibili, i progetti di grandi dimensioni che si reggono finanziariamente soltanto grazie alla vendita sul mercato dell’energia prodotta e che non ricevono alcun tipo di supporto dallo stato né producono oneri in bolletta per i consumatori, il solare è la risposta principale. È una tecnologia ormai con un track record ventennale di investimenti a livello globale che ha subito una evoluzione tecnologica enorme negli ultimi 10 anni.
Quali sono secondo lei le prospettive, in Italia, di crescita e sviluppo di tale ambito, in vista anche degli investimenti del Pnrr?
Cltalia sta vivendo un momento molto importante di crescita delle rinnovabili e del solare. D’altra parte, per posizione geografica, irraggiamento solare e maturità del mercato, il Paese è in cima alla lista dei luoghi ideali per gli investitori dove investire nelle rinnovabili I recenti interventi normativi di semplificazione delle procedure di ottenimento delle autorizzazioni è testimonianza di una reale intenzione del Governo di sostenere questo settore, agevolando per quanto possibile il raggiungimento degli obiettivi europei di decarbonizzazione e accelerando affinchè le somme stanziate con il Pnrr vengano interamente e costruttivamente utilizzate.