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A fronte di qualche frenata, l’andamento del settore è senz’altro più che positivo e gli investitori si fanno avanti. I loro suggerimenti al governo, per aiutare un settore cruciale per l’ambiente.

Per la prima volta, nella prima metà di quest’anno, gli operatori di fotovoltaico ed eolico nel loro insieme hanno superato i mille miliardi di watt installati. Lo riporta una recente ricerca di Bloomberg New Energy Finance. Come è facile intuire, spiega lo studio, per i prossimi “mille miliardi” bisognerà aspettare molto meno, verosimilmente solo altri cinque anni. Se, inoltre, per i primi mille miliardi sono stati investiti 2.300 miliardi di dollari, per il prossimo trillion saranno sufficienti 1.230 miliardi di dollari, per via del calo dei costi dei pannelli solari e per lo sviluppo delle tecnologie che renderanno pale e turbine sempre più efficienti. Non da ultimo intervengono i cambiamenti climatici, che stanno massimizzando l’irraggiamento solare e questa per una volta è una buona notizia.

Tuttavia la situazione delle energie rinnovabili è altalenante: miglioriamo, globalmente e anche nel nostro Paese, come tendenza generale ma tantissimo resta da fare, e l’ultimo anno, complice la politica di Trump e quella cinese, pare esser stato un brutto anno. Secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (Iea) che definisce “preoccupante” il trend, gli investimenti mondiali nelle rinnovabili sono calati del 7% nel 2017 rispetto al 2016, e c’è il rischio che calino ancora nel 2018. Gli investimenti in fonti fossili invece sono saliti nel 2017 per la prima volta dal 2014, a 790 miliardi di dollari, contro i 318 miliardi per le rinnovabili. La crescita è dovuta al gas naturale, mentre il carbone continua a calare.

Il calo del carbone sembra confermare che il trend resta oltremodo positivo. Il think-tank internazionale Carbon Tracker  ha calcolato che il 2020 sarà il decennio della caduta libera della fonte fossile che, verosimilmente intorno al 2023, diventerà meno vantaggiosa economicamente e dunque inizierà a morire. Il monito è per chi ci investe: sono migliaia i miliardi  a rischio per chi non si adegua in tempo investendo in rinnovabili, ma il problema investe anche la geopolitica, con forti rischi di instabilità e guerre per i paesi esportatori di petrolio che potrebbero risentirne tantissimo, se non si adeguano: in testa Iraq, Emirati e Arabia Saudita.

Il rapporto della Iea attribuisce comunque il recente calo delle rinnovabili alla riduzione del sostegno del governo cinese al fotovoltaico: Pechino rappresenta oltre il 40% degli investimenti nel solare e ha ridimensionato anche gli investimenti in efficienza energetica. Il risultato, spiega il rapporto, è che l’anno scorso le fonti fossili sono salite al 59% del mix energetico mondiale, mentre dovrebbero scendere al 40% nel 2030, secondo l’Accordo di Parigi sul clima. Attenzione però: il distacco della politica dalle rinnovabili, cioè la fine degli incentivi, non è qualcosa di negativo nel medio periodo: prima o poi deve avvenire e, dopo il contraccolpo iniziale, se il mercato è sano, sa procedere da solo.

E’ quello che sta accadendo in Italia e lo sanno bene gli operatori finanziari del settore come Ciro Mongillo, fondatore e Ceo di Eos IM, una società di investimenti con sede a Londra che ha lanciato anni fa un primo fondo energia (Efesto) e ne sta per lanciare un secondo, ancora più ambizioso, e primo ad operare in grid parity (ovvero nel momento in cui l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili ha lo stesso prezzo, o addirittura meno, dell’energia prodotta tramite fonti convenzionali).

“Grazie agli incentivi, agli investimenti degli operatori e ai progressi tecnologici, il fotovoltaico ha vissuto in questi ultimi anni un drastico crollo dei prezzi, oltre il 70% rispetto al 2010”, spiega Mongillo. In particolare, in Italia, il 2017 è stato l’anno di svolta per il fotovoltaico, con l’inaugurazione a Montalto di Castro (VT) di un gruppo composto da 5 impianti produttivi capaci di generare 64 MW complessivi di energia. Lo ha realizzato Octopus Investments con Giuseppe La Loggia, oggi Managing Director del secondo fondo energetico di EOS. “Questo ha rappresentato un passo decisivo e di rilievo nel settore – continua Mongillo – in quanto era dai tempi dei conti energia che non veniva realizzata un’installazione di queste dimensioni e, a differenza di quanto avveniva in passato, in assenza di incentivi”. Insomma, la grande novità introdotta da questo evento è stata quella di riuscire a far progredire un modello economico basato sull’installazione di un impianto fotovoltaico di grandi dimensioni avendo, come unica remunerazione economica, la “vendita” dell’energia sul mercato elettrico: si sancisce per la prima volta, in altre parole, che il fotovoltaico è diventato “grande”, indipendente e affidabile anche dal punto di vista economico e finanziario. Una pietra miliare per l’ambiente.

Ad oggi, tuttavia, il sole riesce a coprire ancora solo il 3% del fabbisogno energetico mondiale. Ogni italiano ottiene dall’energia solare solo 318 watt: l’energia che accende 5 lampadine a incandescenza da 60 watt, e questo nonostante teoricamente il sole ci regali in un minuto l’energia consumata dall’umanità in un anno. Ogni anno l’Italia installa più o meno 400MW di potenza ma per raggiungere gli obiettivi dell’Unione europea e ottenere il 32% di energia da rinnovabili entro il 2030, dovremmo andare 7 volte più veloci di così, secondo un calcolo del Politecnico di Milano. E quindi, cosa dovrebbe fare l’attuale governo per sostenere questa corsa così cruciale per il nostro futuro?

“Per esempio detassare gli investimenti istituzionali, cioè quelli di banche e fondi pensione” continua Mongillo. “Anche perché, per centrare gli obiettivi al 2030 e quindi triplicare la potenza installata di fotovoltaico e più che raddoppiare quella eolica, serviranno investimenti complessivi dell’ordine dei 60 miliardi di euro, che sarà una ventata di ottimismo e un nuovo slancio allo sviluppo. Le fonti energetiche rinnovabili hanno un ruolo di primo piano nella Strategia Energetica Nazionale e sono al centro dell’agenda di governo del nostro Paese: quel che serve è, in primo luogo, una governance forte e una cabina di regia che permetta di adeguare strumenti applicativi e obiettivi per completare la transizione verso un mercato “subsidy-free”. Occorre dare impulso al mercato dei PPA (Power Purchase Agreements) – come già accade nel resto del mondo – che consentono di ottenere garanzie di lungo periodo e dunque promuovere gli investimenti. Ma soprattutto, quello che gli investitori chiedono a gran voce è un quadro regolatorio chiaro e stabile: creare condizioni di business favorevoli e certezza delle regole. Questo ha un ruolo chiave per i fondi di investimento. Ma siamo più che ottimisti: se dal Regno Unito la nostra società guarda all’Italia, come anche ad altri paesi d’Europa, è perché crediamo che il Sistema-Paese Italia possa promuovere e valorizzare le proprie risorse e attrarre sempre più investitori internazionali”.

Anche perché l’innovazione tecnologica e la ricerca scientifica galoppano veloci e danno ulteriori garanzie. Mentre l’agenzia spaziale giapponese ha in progetto una centrale solare nello spazio, l’Università di Milano Bicocca ha iniziato a lavorare alle finestre che producono energia, grazie a vetri speciali che renderanno 50 watt al metro quadro. Seconda solo a Svezia e Germania, l’Italia ospiterà presto la sua prima autostrada elettrificata sulla A35 Brebemi, che sarà dotata di una linea elettrica sospesa che consentirà l’alimentazione degli autocarri Scania in entrambe le direzioni, alimentandosi da pannelli fotovoltaici installati in un secondo momento lungo il percorso.

Parlando di piccoli impianti, invece, un aiuto normativo importante sarebbe anche il “solare di comunità”, ovvero una regolamentazione che permetta a un condominio, per esempio, di spartirsi spese e benefici di un impianto privato.

Su larga scala invece, una notizia potenzialmente rivoluzionaria arriva da Science, dove è stato pubblicato uno studio dell’Università del Maryland che ha notato un effetto positivo in più dei pannelli solari e delle pale eoliche: aumentano la piovosità. Disporli nel deserto del Sahara, ha calcolato la ricerca, su almeno il 20% della superficie, non solo rifornirebbe teoricamente tutta l’umanità, ma potrebbe trasformare l’intera area in campi coltivabili. Il settore è fruttuoso e maturo, insomma, ma allo stesso tempo in costante sviluppo.

L’interesse mostrato dalla finanza potrebbe rappresentare una chiave di volta per realizzare un sogno, magari poco alla volta? “Gli investitori puntano sulle energie rinnovabili in un orizzonte di lungo termine, grazie alla bassa volatilità e a una generazione di cassa stabile e prevedibile. Tutto lascia pensare che cresceranno, e già ormai da diversi anni gli investimenti in rinnovabili sono una soluzione solida e rassicurante, ben superiore ad altre asset class dal profilo di rischio comparabile. Per quanto riguarda la prospettiva, stiamo vivendo la più grande transizione del settore, e le infrastrutture energetiche di alta qualità tecnologica saranno fondamentali per la crescita economica, la progressione sociale e la protezione dell’ambiente di un Paese, e in generale del mondo”.

Vale a dire: il cuore etico della finanza. Qualcosa che potrebbe lasciare perplessi? “Si chiama “investimento sostenibile” proprio perché alla base ci sono motivazioni etiche importanti, – continua Mongillo -. La nostra visione è sempre stata quella di fungere da ponte tra economia reale e mondo finanziario, trasformando quindi la finanza in uno strumento eco-sostenibile che coniughi ritorni economici con esternalità positive per l’intera collettività. Solo per citare alcuni esempi concreti, il nostro attuale portafoglio rinnovabile ha permesso di risparmiare oltre 130mila tonnellate di CO2. Ma non solo: il progetto di riqualificazione ed efficientamento che portiamo avanti con il gruppo Conad del Tirreno e Unicredit ha prodotto ricadute positive sull’occupazione e ridotto del 50% i consumi energetici. Non poco direi”.

E’ chiaro che la protezione dell’ambiente diventerà veramente significativa quando – e in parte sta già succedendo – proteggere l’ambiente sarà anche un business. “Secondo gli addetti ai lavori l’LCOE (Levelised cost of energy) del fotovoltaico si è ridotto di addirittura 10 volte solo negli ultimi 8 anni e oggi il solare fotovoltaico (utility scale) ha costi competitivirispetto a quelli delle fonti fossili convenzionali” conclude Mongillo. “Sebbene questo fenomeno abbia tempi diversi nei vari Paesi, si tratta di un trend globale inarrestabile. Ciò si accompagna a un contesto favorevole che vede gli istituti di credito sempre più propensi a fornire finanziamenti a medio-lungo termine per questo tipo di progetti. Per questo guardiamo con interesse, certamente anche su base opportunistica, anche ad altri ambiti che riguardano la protezione dell’ambiente: ho già citato alcuni progetti di efficientamento energetico, ma anche la mobilità elettrica è molto interessante, a partire dalle colonnine di ricarica fino al più ampio tema delle reti e dell’energy storage. Sono settori ancora poco maturi, ma con promettenti prospettive di sviluppo per la finanza”.

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